Freedom

carcere“Sempre era in me il presentimento che un giorno o l’altro avrei recuperato la mia libertà, sebbene mi fosse impossibile immaginare in che modo nè far progetti con la minima speranza di successo”

Nella mia vita ho sempre cercato di capire, riflettere su ciò che mi circonda, di pormi dubbi: non riesco ad accettare un’istituzione senza prima comprenderla. Abolizionismo. Un piccolo movimento, che va oltre le bandiere politiche, che lotta per l’abolizione di un’istituzione ingiusta, disumana ed inutile come il carcere. Articolo 27 della Costituzione Italiana: la responsabilità penale è personale.

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte. La pena deve tendere alla rieducazione del condannato, il carcere deve rieducare i suoi ospiti, è il suo fine, l’unico motivo della sua esistenza. Stiamo tradendo la nostra amata Costituzione, stiamo perdendo di vista gli obiettivi fondamentali:
oltre il 68% degli ospiti delle nostre prigioni appena in libertà reitera un crimine. La prigione è un inutile strumento nelle mani del nostro sistema, uno strumento razzista,
classista. Basta dare uno sguardo al nostro sistema carcerario: troviamo solo minoranze etniche e politiche, chiunque non si adegui al sistema dominante o che non possa permettersi un buon avvocato. La legge protegge i potenti – coloro che si
schierano dalla sua parte – e ci obbliga a seguire una morale prestabilita, non discernendo le due categorie. Dentro alle carceri si vive un inferno, fatto di soprusi, di continui trattamenti iniqui, fatto dalla legge del più forte, dove solo chi ha i giusti amici riesce a sopravvivere. Ogni anno centinaia di persone perdono la loro vita in prigione, eppure nessuno protesta, nessuno ne parla. La società ha bisogno del carcere per lavarsi la coscienza, ed il nostro sistema penale ne è l’esempio lampante. Non si cercano le cause di un delitto, di un’infrazione del patto sociale, non si lavora sulle cause delle nostre
azioni, ma ci si rassicura addossandole su di un singolo. Bisogna prendere coscienza, riformare l’idea di pena, smettere di individuare nel detenuto l’unico colpevole dei suoi crimini. Ogni infrazione della legge, ogni rottura del patto sociale, ha origini nella società, ed è un segnale di un malessere più profondo, di una mancanza a cui bisogna far fronte. Smettiamo di chiuderci nelle nostre vite, cominciamo a guardare il mondo in modo critico, facciamo fronte ai problemi della nostra società. Ridiamo dignità ai nostri detenuti, ridiamo dignità al nostro sistema penale, ridiamo dignità a noi stessi.

Vito Saccomandi

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