Ritratto di un intellettuale

così complessa rappresenta una sfida per dei ragazzi di soli 17 anni. Discutere di un artista così multiforme in così poco tempo rischia di portarci a scadere nella banalità: la banalità che sta invadendo in questi giorni i social network, la
banalità tipica di una società che si accontenta di parlare solo per sentito dire, senza conoscere. Gli anni ‘70 costituiscono un periodo buio della storia italiana: sono gli anni di piombo, gli anni delle stragi di stato e delle Brigate Rosse,

eppure, proprio in questo periodo di crisi sono state poste le basi per la nascita di una nuova concezione di intellettuale. Pier Paolo Pasolini è una figura unica nel mondo culturale italiano, un intellettuale a tutto tondo, che spazia dal
cinema fino alla poesia. Immaginare Pasolini come un pensatore, un filosofo, è sbagliato: la sua grandezza ed unicità sta nell’aver portato in Italia tematiche scottanti, scomode ai poteri forti dell’epoca. Scrisse moltissimo nella sua vita
(era un grafomane, componeva quasi venti pagine al giorno), eppure, in tutta la sua poetica, tra i tantissimi argomenti trattati, troviamo un unico concetto di base: la Mutazione Antropologica. Con il termine “mutazione antropologica” si
intende un cambiamento del pensiero, degli usi e dei costumi della società (“Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati”). Un cambiamento da sempre intrinseco nella storia dell’umanità, un fenomeno
che fino a quegli anni era stato solamente interclassista (creando a tratti dei veri universi transnazionali), ma che con l’avvento della società dei consumi ha portato alla creazione di un unico humus culturale italiano, ed in seguito mondiale.
A 40 anni dalla morte di Pasolini, possiamo finalmente capire quanto sia stato lungimirante, e sia riuscito perfettamente a descrivere la situazione italiana e globale con largo anticipo. La creazione di un’unica Koinè – un’unica lingua -, e la progressiva scomparsa dei dialetti regionali, è frutto di questa mutazione antropologica. “Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell’espressività. I dialetti (gli idiomi materni!) sono allontanati nel tempo e nello spazio”. Omologarsi, massificarsi alla cultura dominante trasmessa da televisioni e radio, perdendo parte della sincerità e della ricchezza culturale
data dal multiculturalismo. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, dove lo spettro del Fascismo e dell’intolleranza si aggira per l’Europa, ricordare l’importanza della diversità e del diverso è doveroso. Proprio per questo, un intellettuale come Pasolini non va dimenticato: va fatto tesoro del suo messaggio, sempre più attuale.

Vito Saccomandi

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