ITALICUM: Istruzioni (o quasi) per l’uso

Dopo il modello spagnolo, il Mattarellum rivisitato e il modello del doppio turno di coalizione dei sindaci, ecco la proposta definitiva di nuova legge elettorale: vediamo cos’è e come funziona.
Italicum: è questo il nome proposto dal segretario del Partito Democratico Matteo Renzi per quello che sarà il nuovo modello della nuova legge elettorale che contiene, inoltre, una riforma costituzionale per modificare il Senato.

Il nome latineggiante già suggerisce una struttura ben diversa da quella dei precedenti modelli elettorali proposti dal sindaco di Firenze (modello spagnolo o tedesco) e che ne rivendica la potestà tutta italiana. È stato presentato il 22 gennaio alla commissione affari costituzionali e, teoricamente, sarebbe dovuto approdare in Senato il 27 gennaio. Però in Italia più che un dovere, come si sa, rispettare le scadenze ormai è un optional; ed è così che solo nella giornata del 29 gennaio, secondo alcune indiscrezioni, Forza Italia avrebbe concesso il via libera alla discussione in aula. Nel frattempo, mentre aspettiamo di conoscere quello che sarà il progetto definitivo, cerchiamo di capire come dovrebbe funzionare questo disegno di legge. Il primo punto su cui fa leva il nuovo modello elettorale firmato Renzi&Berlusconi prevede innanzitutto l’abolizione del bicameralismo ideale, il che renderebbe il Senato una “camera delle autonomie”: niente più elezioni dei Senatori e al loro posto, in accordo con la costituzione (articolo 57), i rappresentati delle regioni. Così verrebbero meno le indennità; ciò, insieme alla riduzione del numero dei parlamentari (da 945 a 630) e delle spese di funzionamento, porterebbe ad un risparmio di circa 350 milioni di euro e allo snellimento dei processi burocratici. Ancora non è chiara l’eventuale funzione del nuovo Senato, che inoltre perderebbe il diritto di voto per quanto riguarda la fiducia al Governo. Il secondo e terzo punto coinvolgono le regioni: le province saranno abolite e al loro posto ci sarà un nuovo consiglio al quale prenderanno parte i sindaci dei comuni del territorio e che avranno il compito di eleggere un presidente interno, a costo zero, con un risparmio di altri 160 milioni. In più sarà imposto un tetto massimo per l’indennità dei consiglieri regionali, che non potrà essere superiore a quella del sindaco del capoluogo di regione; ciò, insieme all’abolizione dei rimborsi per i consiglieri, produrrebbe un ulteriore risparmio di 250 milioni. Per quello che riguarda il modello elettorale vero e proprio, i seggi verranno distribuiti in modo proporzionale su base nazionale tramite collegi molto piccoli (da 3 a 6 deputati). La soglia di sbarramento sarà più severa: per partecipare alla ripartizione dei seggi una coalizione dovrà ottenere almeno il 12% dei voti; una lista appartenente ad una coalizione almeno il 4,5%; una lista indipendente l’8%. Le liste dei candidati subiranno delle modifiche: rimarranno bloccate, come prima, ma diventeranno “corte”. Essendo in numero minore i candidati sarebbero facilmente riconoscibili. Le liste dovranno presentare, inoltre, la stessa percentuale di uomini e donne. Resta però un dubbio poiché, nonostante l’adozione della lista corta, non ci sarebbe la possibilità di esprimere una preferenza effettiva. Il punto cinque, infine, riguarda il tanto discusso premio di maggioranza secondo il quale alla coalizione di liste, o alla singola lista, che vince le elezioni conquistando il maggior numero di voti a livello nazionale, vengono assegnati dei seggi in più, che possono consentire alla forza politica vincente di arrivare ad ottenere la maggioranza dei deputati, scongiurando l’ingovernabilità. L’Italicum a differenza del precedente sistema elettorale, secondo il quale chi prendeva il maggior numero di voti conquistava più della metà dei seggi (55%), indipendentemente da quanti fossero i voti, prevede che venga assegnato un premio minimo del 15% alla coalizione o lista indipendente, se e solo se questa abbia ottenuto almeno il 37% dei voti totali. Il numero massimo dei seggi rimane invece invariato mentre il premio diminuisce con l’aumentare dei voti ottenuti. I seggi in eccedenza vengono ripartiti in modo proporzionale fra tutte le altre liste. Ma la vera novità è questa: se nessuna lista o coalizione raggiungesse il 37% minimo dei voti, si procederebbe con il ballottaggio fra i due schieramenti più votati, dando la vittoria ad un solo partito che, detenendo la maggioranza effettiva dei seggi, non avrebbe bisogno di larghe intese per governare, avendone il 53%. La Lega e Forza Italia hanno già presentato un emendamento con lo scopo di far accedere al Parlamento i partiti che superino il 9% in almeno tre regioni.

Francesca Lalli

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