IL CORPO DELLE DONNE

Oggi è difficile accendere la tv e fare un po’ di zapping senza imbattersi nella pietosa rappresentazione in cui la figura femminile è imprigionata: il problema è sotto gli occhi di tutti. Silhouette 90-60-90, taglia 40, tacchi vertiginosi, abiti succinti e provocanti. Sono solo alcuni esempi degli attributi che vengono proposti dal mondo della moda e dello spettacolo. Modelli di una donna ideale ed erreale a cui tendere ad ogni costo, in grado di condizionare entrambi i sessi; modelli che incoraggiano tante a ricorrere ai più svariati rimedi, dalle diete “fai da te”, anche estreme e dannose, al bisturi.

Basti sapere che secondo i dati provenienti dall’ International Society of Aesthetic Plastic Surgery, l’Italia occupa il terzo posto nella classifica del ricorso alla chirurgia plastica e alla medicina estetica: si stima un numero di interventi effettuati nel Paese durante il 2011 pari a 820.000, più di 13 ogni mille persone. Emerge uno sforzo esasperato di avvicinarsi ai prototipi proposti, o meglio agli “stereotipi”, per sentirsi conformi ed apprezzate dall’uomo. Sì, perché ciò che emerge dal breve ed agghiacciante documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo (assolutamente da vedere su youtube) è che “le donne hanno introiettato il modello maschile. Ci guardiamo l’un l’altra con occhi maschili. Guardiamo i nostri seni, le nostre bocche, le nostre
rughe come pensiamo un uomo ci guarderebbe; il modello corrente di bellezza non ci rappresenta ed è per lo meno strano che la pubblicità utilizzi immagini con riferimenti sessuali appetibili per i maschi per attrarre però un pubblico femminile”. E’ evidente: i mass-media hanno costruito e continuano a diffondere con crescente sfrontatezza l’immagine di un corpo ridotto, e spesso costretto, a contenere privo di contenuto, alla stregua di una decorazione, dove è sostanziale l’apparire assecondando certi canoni estetici e comportamentali. Insomma, un mondo di eterne bambole giulive, dove la gioventù è protratta il più possibile, ai limiti del grottesco. E l’essere? Agli antipodi dei corpi prigionieri delle leggi del mercato troviamo chi, come la Zanardo, rifiuta l’uso improprio e distorto della figura femminile. Lei stessa, citando dati Censis, afferma: “L’Italia ha il record dell’utilizzo del corpo delle donne in pubblicità e sui media, insieme alla Grecia”. Ritiene inoltre che tutto ciò non è la causa della violenza sulle donne, nelle sue tante forme, ma certamente ne è una delle cause: “I media veicolano l’immagine della donna come cosa, e concorrono alla sua deumanizzazione”, afferma la regista. “La pubblicità con la ragazza a quattro zampe e lo slogan ‘Montami a costo zero’ per promuovere pannelli solari, è un esempio di come si incentiva l’idea di donna sottomessa e come oggetto da usare”. La presidente della Camera Laura Boldrini ha recentemente sollevato la questione, ponendola in relazione con la violenza sulle donne: “Serve porre dei limiti all’ uso del corpo della donna nella comunicazione. Dall’ oggettivazione alla violenza il passo è breve. Serve più civiltà ponendo delle regole. Basta all’ oggettivazione dei corpi delle donne, perché passa il messaggio che con un oggetto puoi farci quello che vuoi”. Ma la colpa è davvero degli uomini, o meglio, solo degli uomini? Sembra illogico far passare le veline come “vittime” di una presunta “oppressione maschilista”, perché in fin dei conti si parla di persone profumatamente pagate per fare poco o nulla il cui unico scopo esistenziale consiste nell’apparire in televisione , magari sostenute dal “tifo” dei genitori. Si tratta del prodotto di una subcultura televisiva che condiziona da tempo la formazione dell’opinione pubblica, a qualsiasi livello ed età. In contrasto con un’allarmante assimilazione passiva da parte di molti degli stereotipi proposti, vengono in mente le donne passate alla storia per i loro talenti, la forza, il coraggio. Quelle che hanno saputo far sentire la loro voce quando la società ancora negava loro il diritto al voto, le scrittrici, le artiste; ma anche le donne che silenziosamente hanno sostenuto intere famiglie o quelle che negli anni hanno gridato nelle piazze e hanno creduto di cambiare, per sempre e in meglio, il modo di vivere e vedere se stesse e migliorare i rapporti con l’altro sesso. Rigettare con violenza questo uso deleterio dell’immagine femminile non significa rinunciare alla femminilità, ma significa riaffermare la pari dignità e la libertà di essere come si è.

Annalisa Battistelli

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