Film Horror di oggi: ma il problema sono loro, o siamo noi?

Approfittando del macabro spirito post-vacanze che aleggia lungo i corridoi del liceo, vorrei soffermarmi su uno dei generi cinematografici che più ci accomuna:
gli horror. Innanzitutto, perché ci piace così tanto spaventarci? Cosa ci
spinge a passare due ore rannicchiati sul divano a guardare qualcosa che ci mette
a disagio? La psicologia che sta dietro ai film del terrore è molto complessa,
ma è un meccanismo che va avanti sin dall’antichità.

Al centro di tale meccanismo
è la paura, generata quando ci sentiamo minacciati da qualcosa di interno
o esterno. La paura crea una serie di effetti nel nostro organismo, indotti
dagli ormoni che vengono rilasciati dal cervello, l’adrenalina si diffonde nel
corpo, la schiena e la testa si contraggono, pronte a subire un impatto o un attacco, le pupille si dilatano ed il cuore comincia a battere più velocemente… Immaginiamoci una scena horror: una ragazza sta vagando in una foresta buia con una torcia quasi scarica, sentiamo solo il suo respiro affannato ed il suo battito cardiaco molto
agitato, e vediamo sullo schermo una grande oscurità… la maggior parte degli spettatori proveranno un senso di paura ed ansia, di diversa intensità a seconda della loro personalità, causate da ciò che si chiama empatia. L’empatia è dunque
il cardine del genere horror, se non c’è empatia il film non funziona, perché non riesce a mettervi paura. La massima espressione di questa affermazione sono gli horror psicologici,
che prendono il concetto di empatia e lo trasformano in una quasi totale immedesimazione; la paura non viene quindi da agenti esterni, ma da una situazione specifica che mette ad estremo disagio gli spettatori. È perciò ovvio che i
film psicologici, se compresi al massimo, sono i più efficaci di tutti, perché il vero terrore non sta in un singolo jumpscare, ma nel fatto che non riuscite a scuotervi dalla testa quella
sensazione di disagio e d’inquietudine che si è impressa nella vostra pelle. Ma vi
interessa veramente avere un’esperienza del genere? Per farsi coinvolgere completamente
da uno di questi film bisogna entrarci dentro, bisogna dedicargli tutti i
sensi e rimanere concentrati sulla pellicola. Il problema è che quello che la maggior
parte delle persone cerca, quando va al cinema, è divertirsi, passare il tempo
con gli amici, non impegnarsi su un film di due ore che gli lascerà un saporaccio
in bocca. Le case di produzione si sono accorte di questo fenomeno e da qualche tempo stanno sfornando centinaglia di film horror poco interessanti ed il cui
solo obbiettivo è farvi saltare sulla sedia una decina di volte. I personaggi ed i meccanismi sono sempre gli stessi: quante volte ci siamo trovati davanti al gruppetto di adolescenti che si trova nel mezzo di una brutta situazione e quante volte abbiamo fatto a gara per capire chi sarebbe morto per primo? Alcuni esempi sarebbero gli infiniti sequel di “Paranormal Activity”, “Venerdì 13” e “Nightmare on Elm Street”, che sono diventati ripetitivi come non mai; oppure “Annabelle” (2014) o “Ouija” (2014), che continuano a incassare centinaia di milioni globalmente, lasciando nell’ombra delle gemme come “It Follows” (2015) o “The Babadook” (2014), che prendono sul serio il proprio pubblico proponendo temi seri, senza diventare eccessivamente noiosi.

Luca Tosti

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