Verso quale poesia?

L’ ‘800 è il secolo che più fra tutti, probabilmente,ha segnato il destino dell’uomo;
stiamo parlando di cambiamenti che ebbero un coinvolgimento quasi globale,
di un progresso determinatosi con la s Seconda Rivoluzione Industriale, che,
avviatasi già da tempo, si impose sotto la spinta del Positivismo.

Con esso, il passaggio alla società di massa fu inevitabile ed ogni attività venne rinnovata.
È proprio in questi anni che due grandi naturalisti inglesi, Charles Darwin
e Alfred Russel Wallace, elaborarono contemporaneamente teorie analoghe
che evidenziavano la grande varietà di specie presenti in una stessa regione e
il perfetto adattamento di queste al diverso tipo di habitat. Si può pensare che
la poesia, cioè quella comunicazione umana che mira a esprimere idee, sentimenti
e sensazioni proprie degli individui, possa seguire quelle stesse leggi
che si riferivano agli animali e ai vegetali? La poesia è nata molto prima della
scrittura, all’inizio in forme d’espressione particolare solo orali e accompagnate
da musica, poi con la scrittura hanno avuto origine i vari generi, condizionati
dall’argomento e da leggi metriche che obbligavano a scandire rigorosamente il
testo; con il tempo, questa rigidità è stata “rotta” – liberandosi di ogni schema
– fino a diventare, nel ’900, una forma di comunicazione “pura” o più vicina al
parlato. Ma la poesia non è solo questo, non si tratta solo di manipolazione di
parole o versi: la poesia è anche suono, Verso quale poesia?
emozione, movimento, colore e pensiero. Anche se il termine poesia deriva
dal greco ed è connesso al verbo poiein, “fare, creare”, non la si può collegare
solo alla sua forma. Con lo sviluppo della società di massa, delle radio, delle
televisioni e dei computer sembra che l’uomo abbia perso la sua individualità
e con essa anche la poesia. S. Vassalli nel “Declino del Vate”, dichiara che la poesia
sia ormai un “genere” letterario sempre più specialistico, che non interessi quasi
nessuno e la cui impopolarità sembra irreversibile. E. Montale, in “E’ ancora
possibile la poesia?”, sostiene che la comunicazione di massa abbia annientato
ogni possibilità di solitudine e di riflessione; l’evoluzione ha portato allo
sviluppo di surrogati quali lo spettacolo e la canzone, forme esibizionistiche che
comportano un minore sforzo intellettivo e rendono il tutto più piacevole.
Possiamo dunque pensare che si tratti di una specie di adattamento, di evoluzione
della forma e dell’espressione funzionale alla società moderna. La verità è
che la poesia si basa principalmente sul facoltà superiori dell’uomo. Essa richiede
di riflettere sulla vita e sulle emozioni, che non sempre sono positive. La
danza, come il canto e la pittura, si possono considerare forme di poesia, perché
sono espressione di una idea, di un sentimento che si realizza in modo del
tutto soggettivo ed originale ed è rivolto al di fuori, al mondo. G. Conte, in “Ma la
poesia non sempre deve essere popolare”, sostiene che i veri assassini della poesia
siano da ricercare tra quei corrotti, cinici, conformisti, pigri, incolti: sono i
cultori del trash, coloro che attaccano e avvelenano la Madre Terra, i sostenitori
di un’inedita gerarchia in cui denaro e tecnica occupano il primo posto nella
scala dei valori. La poesia è una forma evocativa e potente di comunicazione
dell’uomo ed è in sintonia con esso: se è vera la teoria evoluzionistica, allora verso
dove si sta orientando la specie? Qual è il futuro dell’homo sapiens-sapiens?

Martina Sirchio

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