Deathnote: il quaderno della morte

Parole, queste, che mettono i brividi solo a sentirle pronunciare. Eppure, è proprio intorno a questa frase che è stato costruito uno dei capolavori della produzione anime giapponese: “Deathnote” (il quaderno della morte). Il protagonista, Light Yagami, un ragazzo prossimo all’università, si ritrova ad essere in possesso di un quaderno. Decide così di sfruttarne
le potenzialità, cominciando ad annotarvi, in gran segreto, i nomi di criminali (che in tal modo riesce a giustiziare), per realizzare il mondo di pace da lui tanto agognato e per redimere l’umanità.

Gli viene dato, perciò, il soprannome di
Kira, traslitterazione di killer. Il mondo si trova quindi diviso in due: coloro che approvano e sostengono il suo operato, e coloro che lo osteggiano. Nel XXI Secolo, la pena di morte è stata quasi totalmente abolita, ma vi siete mai soffermati a pensare di poter improvvisamente eliminare tutti i malviventi dalla faccia del pianeta, conoscendone solo il volto ed il nome, annotando quest’ultimo su un quaderno? La criminalità verrebbe spazzata via quasi totalmente nel giro di qualche anno (in “Deathnote”, in cinque anni cessano tutte le guerre e la criminalità si riduce del 70%), grazie al terrore che si genererebbe a causa della comparsa del “quaderno della morte”. A questo punto, sorge una domanda: creare un mondo di pace e serenità in tale modo è giusto o sbagliato? Quando si inizia a guardare l’anime, ben presto ci si ritrova di fronte a questo dilemma
e spesso non si sa da che parte schierarsi. È infatti vero che tutti noi aneliamo ad un mondo di pace e tranquillità, ma allo stesso tempo schierarsi dalla parte di Kira significa diventare complici di un crimine gigantesco, che porta all’eliminazione di migliaia di persone. Il parere dell’autore del manga da cui è stato tratto l’anime, つぐみ 大場 (Tsugumi Ōba), lo
si evince facilmente da una delle frasi finali di “Deathnote”: “Tu sei solo un criminale e questo quaderno è la peggior arma comparsa sulla Terra”. In ogni caso, tutte queste riflessioni sono al centro di un anime in cui la psicologia dell’individuo
umano si può quasi identificare come la vera protagonista della vicenda, assieme ovviamente a Kira (Light Yagami) e ai detective che si succedono nei vari episodi nell’affrontarlo, primo tra tutti Elle Lawliet. Altra cosa che rende quest’opera
un vero e proprio capolavoro è la scelta della colonna sonora che fa da sfondo all’intera vicenda, e le innumerevoli immagini cariche di simbolismo, le quali si susseguono durante tutto il cartone giapponese (diretto da Tetsurō Araki). In un anime in cui Light, grazie al suo quaderno, vuole diventare il Dio di un nuovo mondo di pace, non possono mancare cenni alla religione; uno dei più importanti è la figura della mela, simbolo nel Cristianesimo del peccato, che ricorre continuamente nel corso dei vari episodi e che mette in relazione Kira con Adamo della Bibbia cristiana. Infatti, quest’ultimo, mangiando la mela, pensa di poter diventare come Dio. Altro riferimento al Cattolicesimo lo troviamo nella musica, ed in particolare nel “Kyrie eleison”, preghiera della liturgia cristiana che significa: “Signore, pietà”. La vera particolarità di Deathnote sta però nella scelta del soggetto – inusuale ed adulto – , nel fatto che è difficile individuare buoni o cattivi e che sono eliminate quasi
del tutto le scene comiche. Il ritmo è appositamente lento, per creare una suspance più intellettuale, dettata dall’azione. Improvvise accelerazioni e colpi di scena ne rendono però scorrevole e piacevole la visione, anche grazie alla morbosa curiosità che si viene a creare quando Light deve tirarsi fuori da situazioni complicatissime (più volte sembra spacciato),
per poter conseguire il suo obiettivo finale. È un anime che bisogna seguire con attenzione, perchè spesso risultano di vitale importanza anche dettagli all’apparenza inutili; bisogna anche sottolineare il fatto che non lascia spazio a distrazioni, poiché coinvolge a fondo lo spettatore, stupendolo con ragionamenti geniali.

Giacomo Crippa

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