Cento anni di relatività (con Alessandro Valigi)

Era il 25 Novembre 1915. Solo con i suoi pensieri, un block notes e una penna, stava Albert Einstein nella sua stanza. Erano ormai dieci anni che lavorava ad un problema complesso ed astratto, ma apparentemente semplice: l’orbita di Mercurio.Già, era proprio il primo e piccolo pianeta del sistema solare ad aver messo in crisi, ormai da tempo, la Teoria della Gravitazione Universale di Newton:


questa, infatti, non riusciva a descrivere l’orbita del pianetino, se pur si accordasse bene con quelle degli altri pianeti. Einstein capì che il problema era però ben più profondo di quanto si pensasse: bisognava reinventarsi la struttura dell’universo, e lui si prese l’ardua responsabilità di farlo. Fu proprio in quel giorno di cento anni fa che lo scienziato annotò sul suo block notes la traduzione matematica del cosmo: un insieme di sofisticati e complessi strumenti matematici, ma che uniti tra loro lo descrivevano alla perfezione. Einstein scoprì che tutta la materia dell’universo è contenuta in un “tessuto” a quattro dimensioni (tre spaziali ed una temporale), il quale si deforma in presenza di massa o energia: come si curva una tovaglia, tenuta tesa per i suoi estremi, quando le si appoggia un oggetto sopra. Al deformarsi di tale tovaglia, chiamata “spazio-tempo”, il tempo
rallenta e lo spazio si dilata. Questa nuova e affascinante visione dell’universo fece
sognare generazioni di scienziati, dalla quale ne ricavarono molte suggestive teorie. Ecco le più importanti.

BIG BANG

Ora che l’uomo aveva una teoria in grado di descrivere con elevatissima precisione la struttura del cosmo, poteva rispondere ad una delle principali domande che il genere umano si è posto da sempre: come è stato creato il Tutto? La risposta migliore la diede Georges Lemaitre: dopo che Edwin Hubble, astronomo inglese, dimostrò sperimentalmente come l’universo non fosse statico ma in espansione, Lemaitre capì per primo che, se il cosmo si stava espandendo, ci doveva esser stato un momento in cui tale espansione ebbe inizio. Con i suoi calcoli, lo scienziato riportò indietro le lancette dell’orologio, finché questo non si fermò, dopo circa 13,7 miliardi di anni dai giorni nostri: in quell’istante, tutta la materia, lo spazio ed il tempo dell’universo erano concentrati in un singolo punto. È da questo punto che nacque il Tutto. E prima di questo istante? Che cosa c’era? La domanda appare priva di senso logico, se si dà per vera la teoria del Big Bang: infatti, se il tempo nacque da tale esplosione, come avrebbe potuto esistere un “istante precedente” ad essa, senza l’esistenza del tempo stesso?

VIAGGI NEL TEMPO

Il fatto che, con la teoria della relatività, lo spazio ed il tempo divennero un ente unico e malleabile stimolò la creatività di molti scienziati e scrittori. La domanda più gettonata era: se l’uomo volesse tornare indietro o andare avanti nel tempo, lo potrebbe fare usando la teoria einsteniana? È teoricamente probabile, ma, attualmente, praticamente improbabile.
A livello teorico, sempre se immaginassimo lo spazio-tempo come una gigantesca tovaglia, potremmo prendere due estremità di questa, i quali rappresentano due istanti diversi del tempo, e congiungerli: in tal modo, potremmo passare facilmente da un estremo all’altro della tovaglia, e, dunque, da un istante all’altro, tornando nel passato o giungendo
direttamente nel futuro, a seconda della direzione del nostro moto. Praticamente, però, non abbiamo gli strumenti ed i materiali per poter costruire una macchina in grado di deformare fino all’estremo il tessuto spazio-temporale; anzi, non abbiamo nemmeno un’idea di come farlo. Servirebbe un’elevatissima, se non infinita, quantità di energia.

BUCHI NERI

Uno dei principali problemi sorti dalla “realizzazione” della teoria einsteniana riguarda il fatto che questa ammetteva l’esistenza di deformazioni estreme dello spaziotempo: i buchi neri. In effetti, fino al 1960, molti (fra cui lo stesso Einstein) erano particolarmente scettici riguardo la presenza di queste deformazioni, ritenute inesistenti in natura. Presenza che,
però, è stata ormai effettivamente dimostrata. Ma in che cosa consiste un buco nero? Un buco nero è una stella che, dopo aver consumato gran parte del suo idrogeno tramite la fusione nucleare, non ha più forze che equilibrino la propria forza di gravità, la quale tenta di comprimerla verso il proprio centro, facendola collassare. Un buco nero, quindi, ha una massa enorme e molto “compressa”: di conseguenza, anche l’attrazione di gravità è particolarmente forte, così forte che riesce a deformare la luce stessa; ragion per cui un buco nero non può essere visto, ma si può solo percepire grazie agli effetti di questa
enorme attrazione gravitazionale. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che, essendo i buchi neri delle curvature dello spazio- tempo, questi si possano considerare come dei canali che collegano due regioni di uno stesso piano, canali (in linea per ora puramente teorica) attraversabili per collegare due momenti diversi del tempo.

Paolo Fragolino

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