Sangue del nostro sangue

Sabato 10 Ottobre, Ankara, Turchia. Nella tarda mattinata migliaia e migliaia di manifestanti pacifisti turchi e curdi si sono dati appuntamento alla stazione della città rispondendo così all’appello di Ong, sindacati e partiti di sinistra, per condannare la ripresa del conflitto tra lo Stato e i ribelli curdi.

All’improvviso, due bombe hanno interrotto
con la brutalità di un gesto simile quella manifestazione, creando puro terrore tra la folla. Un centinaio di morti ed un centinaio di feriti: questo è il risultato del peggior attacco della storia repubblicana della Turchia. Subito si sono accese moltissime diatribe su chi sia stato il mandante di questo deplorevole attentato: Erdogan, PKK etc.. Ma il punto focale
della questione, secondo me, è ben altro: quelle persone, ormai vittime, erano “colpevoli” solamente di credere ancora nella Pace. Sì, Pace con la lettera maiuscola, perché si parla di quella vera, dell’ideale di Pace. L’intento della manifestazione era semplicemente quello di rivendicare i diritti umani principali: il diritto alla vita, alla libera espressione. Non si può
assolutamente accettare una repressione di tale violenza nei confronti di chi chiede una società di pace, rispetto, di garanzia dei diritti ed uguaglianza. L’attentato terroristico non ha colpito solo la manifestazione ed i suoi partecipanti, fra cui molti nostri coetanei, bensì anche il messaggio di speranza e di pace che da essa doveva essere lanciato. Un messaggio che dobbiamo difendere, in quanto fondamentale in questi giorni di estrema difficoltà per la popolazione curda e per quella turca, ma anche per la popolazione della vicina Siria. Un grido di speranza che nessuna bomba deve poter tacere. Forse è anche di questo che nelle nostre scuole dovremmo parlare, perché i morti nelle piazze di Ankara sono i nostri morti e con forzadobbiamo tenere alto le loro e le nostre idee e raccogliere le loro bandiere.

Angela De Nicola

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