Il crollo del muro di gomma, il silenzio fa troppo rumore

« Ci sono voluti dieci anni, dieci anni di bugie, dieci anni di perché senza risposta. Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l’omertà, l’occultamento delle prove? C’era la guerra quella notte del 27 giugno 1980: c’erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola.

Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti. E poi, hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l’onestà in viltà, la difesa disperata del piccolo privilegio
del posto di lavoro in mediocrità, in bassezza. Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po’ di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto… Perché? »
Frutto di un’immaginosa rielaborazione del regista Marco Risi per il suo film “Il muro di gomma” (1991), questa rimane comunque una telefonata che è entrata a far parte della storia. La storia del giornalismo, la storia della politica, o della mafia. È la voce di Andrea Purgatori (nel film Rocco Ferrante, interpretato da Corso Salani), giornalista romano che ha
rischiato tutto per risolvere il mistero della strage di Ustica. Trentacinque anni fa, il 27 Giugno del 1980, perdono la vita 81 persone a bordo dell’India Hotel. All’inizio, i portavoce dello Stato parlano di corrosione da sale, pessime condizioni di volo, in poche parole, si direbbe che blaterino. Si scoprirà soltanto grazie all’indagine giornalistica che l’aereo fu abbattuto da un missile. Il Tribunale aveva trascurato qualche piccolo dettaglio; normale, errori di percorso. Dieci anni di processi, false testimonianze, sentenze ipocrite senza fondamento, dieci anni di nulla. Il 28 Gennaio del 2013, il Corriere della Sera scrive in prima pagina che “un missile provocò la strage di Ustica e la Cassazione condanna lo Stato a risarcire”. Come scrive Risi, si è trasformato il privilegio del posto di lavoro in bassezza e mediocrità. Consuetudine. Come può lo Stato rappresentare un paese mentre – dopo aver distrutto 81 famiglie e le loro vite – risponde alle loro domande disperate con il silenzio, o peggio con la menzogna, unicamente per l’interesse di pochi? Dov’è finita la coscienza? L’onestà? – si chiede Risi. Non se il giornalista sappia spiegarlo, ed è per questo che alla redazione détta in aggiunta soltanto la parola “perché”. Lo Stato non è solo ladro, come chiacchierano in molti. Lo Stato non ha rancore, ma peggio, ha paura. Difende la Nato, difende la Francia che aveva urgente necessità di colpire un caccia del carissimo colonnello Gheddafi proprio sopra la Sila (l’altopiano calabrese dove è avvenuto l’abbattimento). Ma tanto la Sila è in Italia. La guerra non era tra Francia e Libia. La guerra era sull’India Hotel, quella notte. La guerra era, ed è, tra lo Stato e chi si accontenta della verità, della giustizia. Ci è voluto il Corriere della Sera per condannare lo Stato, per far percepire a tutti quanto quel silenzio abbia fatto rumore, per demolire un incrollabile muro di gomma edificato in quel Senato con 315 posti vuoti.

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