Europa: 70 anni di pace?

Prima guerra del Golfo (1991), Somalia (1992), Bosnia (1995), Serbia (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003), Libia (2011), Siria (in corso). Conflitti, questi, chiamati “operazioni di pace”, ma che con la pace non hanno nulla a che fare. Perché queste non sarebbero “vere” guerre?

Come vai a spiegare al più di mezzomilione di morti civili in Libia, Iraq, Serbia, Siria… che quello che stanno vivendo, che i bombardamenti, i raid aerei, le truppe di terra, non sono la “vera” guerra? Guardiamo cosa è successo in Iraq, che, dopo il presunto
attacco alle Torri Gemelle, si ritrova addosso accuse (rivelatesi poi infondate) di detenzioni di armi di distruzione di massa, di appoggio al terrorismo: invaso da una coalizione con a capo gli Stati Uniti, che promette “democrazia”, viene
demilitarizzato dopo otto anni di guerra civile, solo perché a qualcuno, ai piani alti, non piaceva la posizione di Saddam Hussein. E come la giustifichi, poi, un’operazione del genere, se ogni accusa che avevi posto come base di invasione (perché è di questo che si tratta) viene vanificata? Terrorismo, certo, torna sempre utile questa parola; ma
sappiamo tutti qual è stato l’elemento scatenante di tutto ciò: il petrolio. Un prezzo che nel 2003 (pre-invasione) si aggirava sui 30 dollari al barile, 3 anni dopo si trovava ad un livello di 100 dollari al barile, in seguito a guerre che rendevano più difficoltose l’estrazione di petrolio nelle regioni. Ma diamo uno sguardo all’Afghanistan, che, ancora
prima, nel 2001 mirava ad essere la prima vittima della guerra al terrorismo, la numero uno tra gli Stati Canaglia. Stati pericolosi, i cui regimi dovevano essere rovesciati in qualunque modo. Una missione che anche l’ONU vedeva come inutile, ma che, dopo una campagna opprimente promossa dai Mass Media, riesce a “convertire” l’opinione
pubblica in uno stato di fermentazione. La guerra: mandare i propri figli, mariti e mogli a morire sul campo in cambio di una qualche vendetta. Era appena passato mezzo secolo, eppure già mancava a qualcuno. Rovesciato il regime talebano, che aveva vinto tale posizione dopo una lunga guerra civile, la situazione rimane ancora incerta, le truppe di terra non vogliono abbandonare il territorio. Un territorio vessato da una guerra futile e deleteria che ha messo in ginocchio un paese il quale, prima, seppure con qualche difficoltà, era arrivato ad una pace momentanea. Le posizioni si invertono: negli Usa il consenso alla guerra cade ad un 25-30% attuale, da un picco del 70%, ma l’amministrazione Obama persiste, ancora, con la sua posizione. Ed anche
in Europa non va meglio: la Francia capisce che quello che stava accadendo non era ciò per cui avevano lottato, quella democrazia che serviva ai popoli, e non alle Lobby, e ritira a sorpresa nel 2012 il supporto logistico alla missione ISAF della NATO. E come dimenticare, poi, la Libia, che dopo una guerra civile seguita alla “Primavera Araba” che interessava
la regione, si ritrova bombardata da una coalizione capeggiata dagli Usa, i quali giustificavano l’intervento in seguito ad una violazione di spazio aereo interdetto, creato in protezione della popolazione libica. L’abbiamo vista, la sua protezione. L’abbiamo vista coi bombardamenti sulla popolazione civile, con la destabilizzazione di un’intera
regione. Il regime di Gheddafi doveva essere destituito a qualunque costo. E non è un caso la migrazione che ne è seguita della popolazione, circondata da raid aerei e truppe di guerra di varie fazioni (la nascente Isis, il regime talebano, il governo Gheddafi e gruppi autonomi). Migrazione che abbiamo provocato in parte anche noi, di cui siamo
responsabili da quando abbiamo deciso di combattere e a cui ora vogliamo voltare le spalle, perché è più facile girarsi dall’altra parte, che tendere la mano. Stessa situazione verificatasi in Siria, dove, in seguito allo scoppio della guerra civile come conseguenza della “Primavera Araba”, la progressiva avanzata dell’Isis, risultante vincitore della guerra e
possessore del 70% del territorio, viene vista come negativa e pericolosa. Ed è notizia di questi giorni l’inizio, anche in questa regione, di raid aerei da parte di truppe francesi ed inglesi, insieme a quelle americane e russe. La stessa Russia, però, che vede Assad come legittimo presidente e non come qualcuno da destituire, al contrario delle posizioni
americane che miravano ad una sconfitta dell’Isis e ad una creazione di un governo filo-occidentale, anche in Siria. Stessa guerra, stesso nemico, diversi fini. Eppure, mentre scrivo un altro crimine di guerra si aggiunge alla lunga lista delle “missioni di pace” degli Usa: un ospedale, gestito da Médicines Sans Frontieres, luogo neutrale in quanto, appunto,
ospedale, viene raso al suolo per “errore”. “Errore”, un bombardamento in una struttura la cui posizione era conosciuta da mesi, che ospitava in quei giorni un gruppo di soldati del regime secondo i registri. Tutti uccisi, ovviamente, nell’ attacco. Missione compiuta? Ed i 12 medici, cosa avevano a che fare con tutto ciò? L’unica cosa che sappiamo
per certo è che non ci sarà processo e, se ci sarà, sarà affidato ad organismi non imparziali, come sempre. E non parlo perché sono pessimista, o perché sono esplicitamente contrario a qualsiasi operazione “di pace” condotta dalla NATO, ma perché questa, malgrado, è una storia già vista. E se ancora pensate, o volete credere, che quella che stiamo
vivendo è l’epoca della “Lunga Pace”, cercate e informatevi su Internet, aprite i vostri orizzonti, documentatevi e lottate per quello che è il vero fine che dobbiamo perseguire, che non è la partita di calcio truccata o l’ultimo modello di telefonino, ma la fine di ogni ostilità, la fine di guerre condotte ai danni di paesi oppressi ed inerti. Settant’ anni
di pace o di guerra? Viva la democrazia dei giorni nostri!

Francesco Cassano

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