La strada per la libertà

Anche quest’anno è stata riproposta l’assemblea al cinema, nella stessa forma dell’anno scorso: alla visione del film segue un dibattito tenuto dagli studenti, che coinvolge tutti. Il film cui ci siamo dedicati è stato “Selma- La strada per la libertà”, che rappresenta una rievocazione delle marce da Selma a Montgomery, le quali hanno anticipato le lotte per i diritti civili negli Stati Uniti dal 1965.

Seppure la figura di Martin Luther King, Jr. rappresenta l’emblema di questo genere di rivolta, abbiamo deciso di concentrarci per il nostro dibattito sui risvolti più attuali del razzismo in tutte le sue forme. Basta porre una domanda come “credi che il razzismo sia ancora diffuso?” per raccogliere pareri contrastanti ed accendere una polemica. Infatti alcuni non identificano come forma di razzismo la tendenza a guardare con occhio diffidente uno straniero piuttosto che un Italiano. Ma, per quanto non istituzionalizzato, non rappresenta anche questo una forma di discriminazione? Ma non finisce qui, perché il fenomeno del razzismo e delle ribellioni ad esso ha coinvolto e coinvolge tutt’ora molte istituzioni, se così vogliamo chiamarle, come la chiesa e i media. Quale è stato il loro ruolo in questi anni? Sappiamo che la Chiesa ha saputo appoggiare i movimenti per la tutela dei diritti civili, ma successivamente ha dato dimostrazione di quello per cui aveva lottato? E i media sono sempre stati così “tolleranti” (per quanto suoni mostruoso parlare di tolleranza in termini di razza) nei confronti dei rivoltosi?

E comunque i diritti civili dovrebbero garantire l’eliminazione di ogni forma di discriminazione (per quanto poi possa essere difficile sradicare un pregiudizio da qualche parte bisogna iniziare), perciò non solo razziale. Perciò abbiamo chiesto con vena provocatoria per quale ragione non c’è mai stata una presidentessa degli Stati Uniti, quando ce n’è stato uno di colore. Ovviamente è facile cadere in un basso “populismo” nel trattare queste questioni, perciò questa domanda può risultare eccessivamente accusatoria, tuttavia è del tutto legittima. Sarà forse la scarsa quantità di candidate? E in tal caso per quale ragione son così poche? O sarà l’opinione pubblica che propende verso altro? Molto probabilmente in casi come questo non si può parlare di discriminazione vera e propria, tuttavia è utile analizzare questo genere di fatto, soprattutto in un ambiente ricco di spunti e punti di vista come solo un’assemblea d’istituto sa essere!

Giulia Grilli

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