Hong Kong e la battaglia per la democrazia

Nel 1984 viene siglato un accordo tra il Regno Unito ed il governo cinese sull’allora colonia britannica Hong Kong. In virtù di questo accordo nel 1997 l’isola (ebbene si, è un’isola) passa sotto la sovranità di Pechino, diventando così il cuore della modernità e dell’influenza economica cinese, pur mantenendo per 50 anni un alto grado di autonomia secondo quanto previsto dalla “basic law”. In particolare Hong Kong viene amministrata da uno “chief executive”, amministratore eletto da un comitato in buona parte sotto l’influenza del Partito Comunista Cinese. Tuttavia, per preservare l’autonomia dell’isola, Pechino avrebbe dovuto garantire il suffragio universale per l’elezione del governatore.

E così, nel  2004 vengono dichiarate le prime elezioni a suffragio universale nel 2017. E fin qui tutto bene. Se non fosse che, il 31 Agosto il comitato permanente dell’assemblea nazionale del popolo, stabilisce le regole per le future elezioni: sarà infatti introdotto il suffragio universale ma i cittadini potranno votare solo candidati proposti dal governo cinese. Il 22 settembre gli studenti universitari scendono in piazza per richiedere vere elezioni democratiche, dando prova di coraggio e determinazione. A queste si aggiungono le proteste del movimento “Occupy Central with love and peace” che già da giugno protestava contro l’inclinazione antidemocratica del potere centrale.

Vito Saccomandi

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