Tre generazioni letterarie: l’evento

Incuriositevi! Pare sussurrare l’inusuale accostamento degli articoli di T.P e P.G.R.
Un Mecenate di oggi organizza un simposio. Crateri pieni fino all’orlo di BioCola, triclinii concepiti da una qualche mente scandinava o UGRO-FINNICA accompagnano “el SOBREMEZA” (lunghissime conversazioni a tavola tipiche dei latinos), mentre un’ottantina di convitati ascoltano e bevono e mentre bevono, muti ma con le orecchie ben tese, vengono resi partecipi di uno scontro epocale, tanto raro quanto necessario, chi comodo sulla sedia, chi accovacciato sul pavimento, chi accostato al muro coprendo meno spazio possibile a quello che gli sta dietro.


Si fa di tutto pur di entrare nella sala e ascoltare gli illustri commensali.
Il 6 aprile, in una sala di Palazzo della Penna si è tenuta la conferenza “Tre generazioni letterarie” in occasione di “Encuentro, festa delle letterature in lingua spagnola” organizzato dal “Circolo dei Lettori” di Perugia, cui hanno preso parte alcuni autori iberoamericani degli ultimi anni, Paco Ignacio Taibo II, Leonardo Padura Fuentes, Marcos Giralt Torrente e Guadalupe Nettel.
Un mondo geograficamente distante, ma umanamente, socialmente, culturalmente “en la otra esquina” [dietro l’angolo].
I primi due autori rappresentavano la generazione del post-Boom, anni ’60: erano gli autori “ammazzati”, quelli che per colpa di Gárcia Márquez, Cortazar, Fuentes e Vargas Llosa, hanno trovato la porta del successo editoriale e della critica internazionale chiusa. Il motivo era semplice, il confronto fra loro e quei quattro giganti non era ammesso.
Forse è per questo che entrambi hanno trovato opportuna una nuova ricerca che si muove al di là dell’eredità pesantissima del Boom ma, ad ogni modo, soggetta al cono d’ombra di questi antenati prossimi scomodi.
Il romanzo della generazione post-Boom si muove verso gli orizzonti del giallo e dell’inchiesta, del romanzo storico o giornalistico o dell’intimismo, tutti territori ancora non devastati dalla “furia distruttiva” dei predecessori.
É proprio questa generazione di figli uccisi dai padri che si è trovata a vivere le conseguenze del ‘68 e che da allora percorre le strade dell’impegno sociale ( che a Cuba definirebbero fieramente “realismo sociale tropicale”) o della profonda disillusione.
Poi il microfono è passato a due autori più giovani (Guadalupe Nettel si è laureata appena 6 anni fa) i quali, alzandosi di soprassalto dai comodi cuscini, hanno voluto affermare la propria appartenenza ad una NON generazione, nati appena al di fuori poco lontano dal cono d’ombra del ‘60, ma quanto basta da comprendere in maniera lucida la portata rivoluzionaria del Boom, cui hanno preferito l’opera di autori coevi sconosciuti, come fonti di ispirazione (e.g. Eléna Garro, moglie di Octavio Paz).
Siamo di fronte alla NON generazione Bogotà 39 (nome di un convegno che riuniva scrittori latinoamericani sotto i 40 anni nel 2007) che si professa, a voci singole ma consonanti, erede di quella profonda disillusione che gli nega una qualunque identità sociale e un qualunque nucleo o filo conduttore generazionale.
A questo punto non è più una tavola rotonda, la conversazione diventa un veloce e divertentissimo dibattito per capire chi o cosa avesse contribuito a rendere i grandi grandi e i piccoli piccoli. Come fosse stato possibile passare dalla Révolucion alla Masnada ovvero come, intorno al ’68, fosse stato possibile cambiare tutto o non fare niente.

“Non ho mica fallito la rivoluzione per avere dei figli conservatori!” esclama l’infervorato Taibo II.

P.G.R. lo sa per esperienza che sono frasi come questa che trasformano un normale, sonnolento “sobremeza” in un acceso dibattito in cui si rinfaccia tutto ciò che si può rinfacciare (e postula che quando si è in famiglia le cose da rinfacciare si moltiplicano per il numero dei familiari).

Così, i commensali divertiti, hanno assistito ad un dibattito letterario generazionale veramente unico, costruttivo nei contenuti, abbastanza corretto nei toni, brillante, scorrevole, imprevedibile, prezioso omaggio direttamente da altre latitudini a ragazzi sopiti come noi, cui non sembrava vero di aver assistito a due ore e mezzo di conferenza così inverosimilmente affascinante. Sarà merito della BioCola.

Pier Giorgio Rayme
Tommaso Piselli

Piergiorgio Rayme

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