La pARTE degenerata mancante

‘’Chiunque volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti, sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell’arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di trasmettere benessere e bellezza. Se tale sorta di rovina artistica pretende di portare all’espressione del ‘primitivo’ nel sentimento del popolo, allora il nostro popolo è cresciuto oltre la primitività di tali barbari’’. Così parlò Hitler durante il regime nazista ed è in quegli anni che viene coniata l’espressione di ‘’arte degenerata’’, che comprendeva correnti artistiche ritenute pericolose poiché non rispecchiavano i valori e l’estetica della razza superiore.

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È con questa definizione che oltre 16.000 opere vennero sequestrate durante il regime del terzo Reich a numerosi musei, quasi la metà furono date alle fiamme, altre vendute all’asta, altre ancora nel corso del tempo ritrovate nelle abitazioni di ex-nazisti, come nell’eclatante caso di Cornelius Gurlitt. Questi infatti, scoperto nel 2010 alla dogana di Monaco con addosso 9.000 euro in contanti, è stato braccato poiché sospettato di frode fiscale, diventando in seguito, nel 2012, il protagonista della scoperta più inaspettatamente sensazionale riguardante la storia dell’arte. Non una, non due ma ben 1.500 opere d’arte, ritenute scomparse o addirittura delle quali non si conosceva l’esistenza, ritrovate nel suo appartamento: tele, litografie, disegni, grafiche, acquarelli, sculture attribuite ad alcuni dei più grandi artisti che ritroviamo nei nostri libri di storia dell’arte, come Renoir, Matisse, Picasso, Toulouse-Lautrec, Courbet, Marc, Nolde, Macke, Kokoschka, Schmidt-Rottluff, Kirchner, Beckmann, Liebermann… Patrimonio dal valore inestimabile, che comprende opere la cui provenienza non è stata ancora riconosciuta poiché potrebbero appartenere alle vittime dei lager, altre potrebbero essere state vendute illegalmente, altre ancora si è scoperto che vennero cedute al collezionista Hildebrandt Gurlitt (padre del nostro protagonista) dal ministro della Propaganda nazista, Joseph Goebbels, per la ridicola somma di 20 franchi svizzeri l’uno. Opere senza proprietari dunque, dal valore di oltre un miliardo d’euro tenute per più di 50 anni tra scaffali, polvere e… scatole di fagioli. L’ennesimo episodio, stavolta di proporzioni inimmaginabili, del mercato nero dell’arte, fenomeno al quale bisogna render grazie questa volta, perché se non fosse stato per la corruzione e l’avidità, queste opere sarebbero diventate cenere come si era creduto finora e di altre non si sarebbe venuti a conoscenza. Hitler aveva capito bene il potere delle arti figurative, infatti era artista lui stesso, rifiutato all’accademia delle Belle Arti di Vienna continuò a dipingere anche durante il suo servizio militare e sotto il suo regime riuscì a censurare le forme di espressioni visive che andavano contro i valori da lui imposti. Ma distruggere le opere degli artisti non bastava: era necessario mobilitare l’opinione pubblica contro gli artisti stessi. Nell’estate del 1937, a Monaco furono allestite due mostre contemporaneamente: una esibiva le opere di artisti ben accetti al regime, dove si esaltavano eroismo, dignità ariana, muscoli, fatica ed i valori semplici e sani delle rustiche famiglie lavoratrici dai capelli biondi e dagli occhi azzurri e dove soprattutto facevano mostra di sé innumerevoli ritratti del Führer. Quattrocentomila persone visitarono la mostra. L’altra si svolgeva nella nuovissima Casa dell’Arte Tedesca. All’interno una mostra grottesca, intitolata “Arte degenerata”. Vi erano esposte oltre 650 opere delle avanguardie del XX secolo, con grande concentrazione di quelle espressioniste, senza cornici e nella più totale confusione. E proprio per vedere questi ultimi «prodotti della follia, della spudoratezza, dell’incapacità e della degenerazione», accorsero 2 milioni di persone; Hitler ottenne dunque l’effetto opposto muovendo curiosità ed eccitazione verso ciò che era diventato proibito senza motivo, poiché l’arte non ha definizione, non ha regole, non ha limiti e ‘’L’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza ma ciò che l’istinto e il cervello elaborano dietro ogni canone.’’ Pablo Picasso.

Benedetta Simonini IV B
Beatrice Ballabio IV F

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